Marc Ribot in solo a Pola, 15 aprile 2011

http://en.wikipedia.org/wiki/Marc_Ribot

Marc Ribot è un chitarrista piuttosto blasonato della scena free jazz e nella sua carriera ha collaborato con numerosi musicisti di fama mondiale (si veda la pagina di wikipedia).

Non è la prima volta che assisto a uno spettacolo di questo strimpellatore pazzo. Già un paio di anni fa lo vidi in trio, e mi era piaciuto abbastanza. Non è certo un ascolto facile, ma non è privo di un certo fascino. In solo però è tutta un'altra cosa. E non certo in meglio.

Pur non essendo né un esperto, né un vero appassionato di jazz, la musica mi piace e apprezzo molto i concerti jazz (lo ascolto di rado in casa o in macchina). È bello vedere come i vari musicisti dialogano tra loro e mi piace apprezzarli singolarmente. Ribot invece era in solitaria, tentando un'impresa disperata: riuscire a mantenere l'interesse del pubblico per un'ora facendo uso solamente della chitarra acustica, senza distorsione e/o campionatore. Dico “impresa disperata”, perché la chitarra acustica non è certo uno strumento solista.

I buoni spunti in realtà non mancavano, in modo particolare quando giocava su qualche tema interessante, sviluppandolo e reinterpretandolo, ma non a sufficienza per giustificare un'ora di spettacolo.

Ora, è chiaro che cosa stava cercando di fare il nostro eroe: sperimentare, estrarre suoni diversi dallo strumento, richiamandosi probabilmente al periodo in cui si scopre per la prima volta la chitarra. Il piacere cioè di estrarre i più diversi suoni dallo strumento. E spero che lo stia facendo in buona fede, ossia che non voglia spudoratamente prendere per il culo il suo pubblico. Un pubblico che molto spesso finge di capire ciò che sta ascoltando solo perché chi suona è un nome.

A tratti era divertente pensare di vederlo con la chitarra lungo la strada, facendo una performance simile: già mi vedo i passanti inferociti che a suon di calci in culo gli dicono di andare ad accordare altrove il suo strumento (si noti che le “zappate” che tirava sulle corde gli scordavano la chitarra nel giro di pochi minuti).

Gli errori non si sono contati, tanti erano, resi più evidenti dall'assenza di distorsione, dalla tecnica tutto sommato primitiva del nostro e, non meno importante, dal fatto di essere in solo.

Non mi sento di bocciarlo completamente, perché il nostro sa evidentemente suonare e può essere interessante, ma nella mia umilissima opinione ha intrapreso un tentativo disperato. Un'ora ascoltando i deliri sonori di un pazzo con una chitarra in mano, che a malapena si rivolge al pubblico, non è esattamente il migliore degli spettacoli.

Sperimentare è bello e giusto e divertente: altra storia è infliggere il prossimo (che paga fior di quattrini per uno spettacolo) con una performance tutt'al più solo abbozzata. Marc, mi spiace, ma detto sinceramente: cura meglio le tue idee e non cercare di vendermi qualcosa di cui tu stesso ti meravigli di poter piazzare sul mercato.

Nota a margine: il jazz è nato come musica negra, basata sull'improvvisazione e sulla libertà. Che cos'è invece oggi? Una musica per una spocchiosa élite bianca e borghese. Triste destino davvero...